Ricordare Primo Levi - Due chiacchiere con Matteo Mastragostino
intervista a cura di Sara Tortorella
"Sentivo una specie di debito per Primo Levi, l'annuncio della sua morte è la prima cosa che ricordo di lui, e non mi bastava più." Risponde così Matteo Mastragostino alla domanda sul perché abbia scelto proprio questo partigiano, scrittore e chimico per la sua prima graphic novel. Dagli studi in disegno industriale alla scrittura creativa e graphic design, un percorso che lo ha portato a inseguire la passione che aveva fin da bambino per le storie: raccontate, scritte e disegnate.
In "Primo Levi" Mastragostino, attraverso i disegni di Alessandro Raghiasci, riesce nell'arduo compito di trattare un tema drammatico come quello della Shoah attraverso uno stile "leggero", particolarmente adatto ai più giovani ma non solo. L'espediente narrativo è un Primo Levi che incontra gli alunni della scuola elementare Rignon di Torino, la stessa che lui frequentò da piccolo. “Domanda dopo domanda, gli studenti apriranno gli occhi sulla pagina più nera della storia del secolo scorso, guidati dalla voce e dai gesti di uno dei suoi più autorevoli testimoni." (fonte: BeccoGiallo https://www.beccogiallo.it/prodotto/primo-levi/)
Hai scelto di narrare un Primo Levi che "prende per mano i bambini e li accompagna con pacatezza nel suo dramma personale, cercando di spiegare con delicata fermezza cosa sia stato l’Olocausto e come sia riuscito a sopravvivere all’inferno di Auschwitz": perché? In altre parole, i bambini sono fine o mezzo della narrazione?
Sono partito da un ricordo personale, ossia l'annuncio della morte di Primo Levi, avvenuta nel 1987. Ricordo ancora il TG su Rai Uno. Partendo da lì mi sono fatto due domande: se il Matteo di dieci anni avesse potuto incontrare Primo Levi, cosa gli avrebbe chiesto? E lui come avrebbe reagito?
La risposta a queste due domande è il soggetto della graphic novel.
Quale è il segreto, se esiste, per creare testi e disegni sinergici che portino a "sentire" quei momenti drammatici?
Dipende tutto dalla sensibilità dell'artista. Nel nostro caso degli artisti, visto che abbiamo lavorato in sinergia io e Alessandro Ranghiasci, il disegnatore.
Vuoi raccontarci un aneddoto sul lavoro con Alessandro Ringhiasci, che ha tradotto in immagini le tue parole?
Un aneddoto divertente è il fatto che io e lui abbiamo sempre lavorato a distanza. Ci siamo visti per la prima volta al Comicon di Napoli, a lavoro ampiamente concluso, il giorno in cui abbiamo presentato il fumetto. Ricordo di avergli detto "Almeno incontriamoci in stazione, così ci riconosciamo..."
Un altro aneddoto che posso rivelare è che presto io e Alessandro torneremo a pubblicare qualcosa insieme, una storia a cui tengo molto e che lui ha disegnato magistralmente.
Tu e Alessandro avete deciso di divulgare la figura di Primo Levi per avvicinarlo anche alle nuove generazioni. Cosa hai imparato tu personalmente da questa esperienza?
Quando ho iniziato la fase di documentazione, per stendere il soggetto, mi sono accorto che io di Primo Levi ricordavo proprio poco. Avevo letto "Se questo è un uomo" e "La tregua" da ragazzino, ma li rammentavo appena. Questo progetto mi ha permesso di risvegliare la mia memoria e, spero, quella di molte altre persone. Spesso mi hanno detto "Ho letto il tuo fumetto e mi è venuta voglia di rileggere "Se questo è un uomo", e questa cosa mi rende molto felice. Così come mi rende felice incontrare studenti e lettori per parlare di un argomento necessario. Perché, come ricordava lo stesso Levi, "Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate: anche le nostre".
Primo Levi: l’uomo, lo scrittore, il chimico
con Matteo Mastragostino, Giulia Manzini e Danilo Gasca